Verba volant: radio politica e (corto) circuito democratico in Usa
Fabio Girelli Carasi
C'era
una volta il potere, totalitario e non, che per
conservarsi tale esercitava, con metodi più o meno rozzi
o sofisticati, il contralto pressochè totale dei mezzi
di comunicazione, prima ancora che dei mezzi di
produzione. E c'era il sogno rivoluzionario dei
democratici radicali di sottrarre i mezzi di
comunicazione al potere, di fornire accesso egualitario a
tutti i soggetti sociali e politici indistintamente:
forti della proposizione, vera, che la politica è
comunicazione e di converso che la comunicazione è
sempre politica e che la comunicazione è la politica.
Secondo ben note teorie, solo I'accesso agli strumenti
della comunicazione di massa trasforma un atto privato in
atto politico, e di conseguenza I'allargamento della
dimensione democratica non può che essere strettamente
connesso con I'accesso alla comunicazione di soggetti
precedentemente esclusi. Se a livello individuale in una società industriale la democrazia era il fucile sulla spalla di ogni operaio, nella nuova societa mediatica democrazia deve poter significare fotocopiatrice, computer collegato a Internet e rampa di lancio di satellite intercontinentali nel garage sotto casa. Perchè la democratizzazione della società mediatica avvenga non è più sufficiente, quindi, che si realizzino le cosiddette condizioni socio-economiche oggettivamente rivoluzionarie. È altresì necessario che la scienza e la tecnologia mettano a disposizione gli strumenti tecnici in quantità sufficiente e a prezzo accessibile, e che offrano le infrastrutture e interconnessioni che consentano I'accesso al mondo della comunicazione, e quindi al mondo della political proprio dal garage sotto casa. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una accelerazione fenomenale dei processi storici, accompagnata da una accelerazione simile nel processo di diffusions delle comunicazioni. A questo dovrebbe in teoria corrispondere un ampliamento delta sfera democratica, sia in senso di distribuzione orizzontale, misurabile empiricamente in termini di diffusione geografica, che in sonso di penetrazione, all'interno di istituzioni e procedure di specifiche entities politiche. Oltre ad appartenere a AOL, Prodigy o altri servizi on line, oggi chiunque, con una modestissima spesa, può attrezzare il proprio computer a bulletin board e fungere da luogo d'incontro per un numero infinito di soggetti interessati a comunicare. Questo tipo di comunicazione è necessariamente politico pur svolgendosi tra due soggetti privati. Per chiarire questo concetto è indispensabile stabilire che la comunicazione privata appartiene contemporaneamente ai due soggetti interessati, l'emittente e il ricevente. Essa esiste in funzione dell'emittente e ha significato univoco, in quanto i due soggetti sono legati da un'intesa di fondo circa le norme interpretative che governano la comunicazione. La comunicazione si fa politica quando l'emittente non può scegliere il ricevente: il messaggio non è più nel suo dominio, ma esiste in funzione del ricevente, ed è passibile di interpretazione secondo codici diversi, sui quali l'emittente non ha alcun controllo. L'emittente non controlla l'uso del messaggio. La comunicazione privata parte dall'emittente, raggiunge il ricevente e ritorna di riflesso all'emittente, disegnando un circolo chiuso e creando una serie di mutazioni nelia sfera ermeneutica di ambedue i soggetti coinvolti. La comunicazione politica è a senso unico, e va dall'emittente al ricevente, avendo come obiettivo dichiarato quello di mutare la realtà del ricevente, o la percezione delta sua realtà. È chiaro, a questo punto, che la comunicazione che si concretizza nel ciberspazio è comunicazione politica. E se il ciberspazio si limitasse a essere un nuovo strumento di tale comunicazione andrebbe catalogato sotto la rubrica delle innovazioni quantitative, estensione di un precedente dominio culturale cui appartengono gli altri mezzi di comunicazione di massa. Ma il ciberspazio introduce una cultura propria attraverso un salto concettuale, e definisce quindi un terreno di appartenenza differente. La grande novità consiste nella creazione di uno spazio politico di comunicazione di dimensioni globali tra soggetti appiattiti su di uno stesso piano gerarchico, e per di più privi dei connotati tradizionali d'identità storici, culturali e linguistici. Questo è un fenomeno nuovissimo, la cui apparizione ha già messo in moto una serie di reazioni e di aggiustamenti negli altri ambiti della comunicazione politica. Nonostante il fenomeno cyber appaia lirnitato a un ambito ristrettissimo di praticanti, le conseguenze dei nuovi contenuti culturali e concettuali che ne fanno da corollario ideologico stanno già penetrando in dimensioni domestico-quotidiane in forme che è urgente comprendere e che sono in attesa di una definizione e di un'analisi intellettuale. Fenomeni di democrazia comunicativa stanno già affiorando, infatti, in altri spazi tutt'altro che sideraii e a basso tenore di tecnologia, e non è detto che i risultati siano tanto attraenti quali quelli che ci si aspetta di vedere dalla diffusions del ciberspazio. Uno degli spazi che sta subendo gli effetti delta nuova cultura è la vecchia cara radio, sul cui terreno si sta ripetendo la recita dell'eterno dibattito sull'interazione tra democrazia consumata e comunicazione. Ma con regole nuove, senza copione e con esiti quanto mai inattesi. Mentre siamo tutti in attesa delle autostrade informatiche, per vedere quali cambiamenti apporteranno alla nostra vita e all'organizzazione della nostra societa, ad altri livelli, che coinvolgono masse demografiche ben maggiorl di quelle dedite al ciberspazio, alcuni di questi cambiamenti stanno già prendendo forma. Negli Stati Uniti, proprio nel dominio dell'onesta e vetusta radio a modulazione d'ampiezza (AM), reperto archeologico per un Jurassic Park dell'era elettronica, si sta verificando un fenomeno che ha colto completamente impreparati tutti indistintamente, i professionisti della politica, i docenti di mass comunications e i Think Thank, da sempre convinti di trovarsi afl'avanguardia teorica dei fenorneni politici di massa. Le stazioni radio che trasmettono su questa banda di frequenza da due o tre anni a questa parte si sono trasformate in una specie di rnicrofono aperto, dorninato in larghissima parte da voci conservatrici e reazionarie, nel quale si riversano la frustrazione e la rabbia del cosiddetto cittadino medio di fronte ai problemi sociali, sulla gestione politica e le vicissitudini economiche del paese. Questi talk-show forniscono a soggetti che fino a oggi ne erano stati privi I'accesso alla cornunicazione politica e sembrano consentire e facilitare la partecipazione democratica al processo politico. I talk-show sono del tipo call-in, nel quale gli ascoltatori sono il programma e telefonano per manifestare la loro opinione sui più disparati temi di attualità e politica, interagendo con un conduttore che, a parte una certa facilità di parola, non si distingue dai suoi ascoltatori nè per particolari conoscenze nè per cultura. A differenza dei vecchi programme call-in, in cui il pubblico rispettosamente si rivolgeva allo psicologo o all'investitore di successo per chiedere consigli, o nei quali i conduttori cercavano con le buone maniere di condurre "dialoghi" a distanza su temi politici con una certa imparzialità, i nuovi guru della radio hanno buttato alle ortiche il velo del pudore per tuffarsi nel corpo a corpo della battaglia politica senza risparmio di colpi e senza alcuna pretesa di imparzialità ed equanimità. E I'audience li segue, telefona per aggiungere benzina al fuoco della rabbia e della frustrazione contro i politici, i liberal, Hillary Clinton, i media (controllati dagii ebrei, naturalmente), i difensori dei diritti civili, gli abortisti e gli oppositori delia pena di morte. Ciò che contraddistingue i discorsi di questi show è il sensazionalismo, il parossismo, il crescendo di insulti e attacchi, l'urlato sopra le righe, la distorsione propagandistica dei fatti, le interpretazioni paranoiche che sgorgano dal microfono del conduttore e dai telefoni degili ascoltatori. Chiaramente questa non è informazione, net senso tecnico del termine. Può essere definita pratica editoriale, ma è soprattutto spettacolo: una soria di karaoke radiofonico con gli ascoltatori chiamati a produrre variazioni e gorgheggi su di un tema noto e un copione stabilito. Come nel karaoke, pochi si arrischiano, e ancora meno sono quelli che riescono ad accedere al palcoscenico. La grande massa ascolta rapita, e si sente coinvolta in un rito comunitario che I'affascina e la trascina. Che cosa spingerebbe, altrimenti, if 98% degii utenti che non ha mai neppure tentato di telefonare a sorbirsi giorno dopo giorno la diatriba instancabile di individui cronicamente irosi, biliosi, pervasi da una visione fosca e senza speranze per if futuro del paese, dei loro figli, delta nostra civilta? La risposta è che il cerchio di rabbia e frustrazione in cui rimarrebbero rinchiusi improvvisamente si apre alla prospettiva dell'azione politica consentita dalla speciale relazione che da sempre esiste negli Stati Uniti tra uomini politici e opinione pubblica. Il 50% degli americani tradizionalmente non si cura di votare nemmeno per il presidente. La percentuale dei votanti si inabissa al 30% e anche meno per le altre elezioni del Congresso e per quelle Iocali. Il motivo va individuato principaimente nella distanza tra I'atto politico del voto e if risultato che ne deriva, cioè la correzione dei problemi immediati che il cittadino vorrebbe vedere risolti a modo proprio. Quando ciò non avviene, e non avviene nella grande maggioranza dei casi, si ingenera Io scetticismo, la sfiducia, e la convinzione che "quei buffoni di Washington", fregandosene del Paese, badino solo ai propri interessi: primo tra tutti la rielezione a qualsiasi costo. Dalla convinzione che i meccanismi della democrazia rappresentativa siano miseramente falliti nasce l'esigenza di trovare metodi nuovi per influenzare l'organizzazione della società con altre strategie e tecniche. Invece di investire it proprio capitale politico in un programme identificato in un partito e incarnate in un candidate, il cittadino distribuisce it proprio impegno civico in singole battaglie attraverso le quali, concentrando la sua potenza di fuoco con quella di milioni di attri cittadini come lui, potrà esercitare maggior contralto sull'esito di una decisione politica specifica, sulle singole issue del rnomento. Il primo avvenimento, in senso storico, che segna la nascita di un nuovo rapporto tra la democrazia americans, comunemente intesa, e l'uso strumentale dei mezzi di comunicazione di massa per influenzare e determinate l'esito di uno scontro politico, risale at 1989: una distanza equivalente a qualche centinaio di anni luce nell'universo delta politica planetaria e dei progressi della tecnologia. Nell'89, I'anno delta caduta del Muro, negli Stati Uniti domina un umore buio di disgusto e rabbia impotente contro it Pariamento e il Governo, paralizzati in lotte continue. Le varie fazioni si accusano a vicenda di cercare di affossare I'avversario invece di lavorare per risolvere i problemi, sono incapaci di affrontare i nodi cruciali dell'economia, della disoccupazione e del degrado sociale che affligge it paese, dalla criminalità alla droga, dalla povertà all'immigrazione illegale. Nel bel mezzo di questo panorama il Congresso, nel votare il bilancio preventivo, ha l'infelice idea di infilare un articoletto che, equiparando il parametro di pariamentare a quello di giudice della Corte Suprema, aumenterebbe gli stipendi dei parlamentari del 50%. La furberia più fine è che I'articolo, per essere approvato, non deve nemmeno essere votato. Per sconfiggerlo, invece, è necessaria una votazione, ed è prima necessario che un certo numero di parlamentari richieda il voto in aula. Il conduttore di un programma radio di Boston scopre l'imbroglio e si scatena contro il Congresso con una valanga di insulti. La febbre sale, centinaia di ascoltatori nel giro di pochi giorni telefonano per esprimere la propria indignazione. Per trasformare il risentimento in azione qualcuno suggerisce di ricorrere alla vecchia e comprovata tecnica americana di "scrivere al tuo senatore". Ma invece di scrivere le solite lettere che nessuno legge, il conduttore suggerisce: "Mandate una bustina di tè". Lo spunto era preso dal famoso Boston Tea Party, I'azione simbolica che diede il la alla rivoluzione americana: i rivoluzionari, travestiti da indiani, attaccarono le navi alla fonda nel porto di Boston per protestare contro le tasse imposte dagli inglesi e buttarono a mare il tè contenuto nelle stive. Gesto di grande effetto simbolico e suggestivo, quello dei nuovi rivoluzionari radiofonici, quando si pensi che la radice della ribellione originale che diede vita alla rivoluzione americana venne riassunta nella formula "niente tassazione senza rappresentazione". Il risultato fu immediato. L'iniziativa partita da Boston attirò I'attenzione di altri conduttori di simili programmi radio sparsi per la nazione, e nel giro di pochi giorni i parlamentari si trovarono sepolti sotto centinaia di migliaia di bustine di tè. In fretta e furia richiesero il voto e, con l'eccezione di alcuni sparuti casi di coraggio politico, la quasi unanimità condannò I'aumento di stipendio. E da quel giorno, come si suole dire, la politica non fu più la stessa. La rivolta demagogico-populista contro I'aumento di stipendio naturalmente, non poteva permettersi il lusso di un dibattito civile e meditato. I pochi che si avventuravano al telefono per difendere l'aumento, venivano svillanati e i loro argomenti fatti a pezzi dalla faciloneria ad effette di battute anti-intellettuali. Il merito del problema, cioè se un aumento non fosse in realtà necessario per stare al passo con il costo della vita, per esempio, non venne nemmeno preso in considerazione. Nè trovarono spazio osservazioni quali il fatto che il reddito annuo di un mediocre manager di una mediocre società è circa il doppio di quello di un senatore. O che stipendi troppo bassi rendono i politici più vulnerabili alla corruzione. Nessuno di questi ragionamenti, opinabili finchè si voglia, ma legittimi, trovò spazio nelle trasmissioni. L'intensità emotiva della issue, e il modo in cui essa veniva gestita, impedivano la creazione di un dibattito. Si era alla propaganda pura, all'urlo primordiale. Fenomeni analoghi si sono ripetuti più volte nel recente passato con gli stessi risultati. L'anno scorso il presidente Clinton propose una giurista liberal di vaglia, Zoe Baird, come ministro della giustizia. La sua nomina doveva venire approvata dal Senato come per prassi. Si scoprì che Zoe Baird, o rneglio il marito, non aveva pagato tutti i contributi assistenziali ad una collaboratrice domestica. Nonostante a tutti apparisse come un peccato ancor meno che veniale, nei talk-show i conduttori si scatenarono facendo leva sul populismo del tipo "noi poveri cittadini paghiamo tutte le tasse fino in fondo mentre i ricchi liberal si permettono di evadere credendosi al di sopra della legge". Accuse di arroganza, iperboli di disonesta, attacchi senza quartiere crearono, un clima di isteria, poi riportato dagii altri media. A questo punto, tra le migliaia di telefonate alla Casa Bianca e ai vari senatori della commissions giustizia, più le lettere e le interviste con l'uomo della strada condotte da CNN e compagnia, era chiaro che nessuno si sarebbe preso la responsabilità di approvare quella specie di lebbrosa politica che era diventata la giurista. Per non indebolirsi politicamente sino dai primi giorni Clinton decise di ritirare la nomina di Zoe Baird, piegando la testa alla tempesta conservatiice. Lo stesso fenomeno si presentò immediatamente dopo, a proposito della direttiva presidenziale che toglieva finalmente il bando dell'arruolamento degli omosessuali nell'esercito. Si sono aperte le cataratte dell'universo. Alla radio s'è sentito di tutto, dagli integralisti cristiani che vorrebbero bruciare vivi gli omosessuali ai più moderati che consentirebbero loro di vivere in una riserva nel deserto. Voci a favore poche ma strumentali, lasciate filtrare ad arte per aizzare ancor di più i difensori della civiltà cristiana contro i barbari di Mammone. Risultato, un Clinton intimorito dalle pressioni esercitate sul Congresso che ha preferito non venire allo scontro e ha trovato un'infelice soluzione di compromesso, che offende la comunità omosessuale e suona come un'altra vittoria dei conservatori. La pressione dei talk-show è incessante e non si limita alle battaglie in vista di un voto congressuale, anche se e' in queste occasioni che si verifica Ia mobilitazione generale con l'assalto ai centralini telefonici del Senato, della Camera, della Casa Bianca, agli uffici dei singoli parlamentari. Per tenere alta la tensione e conseguentemente l'ascolto gli argomenti non mancano. Per ogni argomento complesso i conduttori e il loro pubblico hanno soluzioni semplici immediate, efficaci, e di "buon senso": Haiti? Infezione. Aids? Lazzaretto, ghetto o riserva. Corea? La bomba. Bilancio commerciale con il Giappone? Embargo. Criminalità? Pena di morte. E così via. I conduttori hanno parte attiva, moderni tribuni capaci di toccare Ie corde più sensibili e provocare reazioni emotive primitive, articolando analisi rozze e approssimative ma di grande effetto. Questo fenomeno, che trova nella radio Ia sua piu vistosa manifestazione, è Ia conseguenza pratica dell'applicazione di principi e concetti associati comunemente al domani deIl'alta tecnologia futuribile e del ciberspazio, interpretati e adattati ai mezzi esistenti di basso livello tecnologico. Nella storia delI'evoluzione tecnologica questo è il percorso tipico delle idee: una intuizione fantastica, un impulso di creatività fantascientifica alla Jules Verne diviene improvvisamente un traguardo alla portata della scienza sperimentale e, in attesa che Ia tecnologia lo renda disponibile a livello di massa, si diffondono una cultura e comportamenti che simulano il futuro stato di cose, surrogando Ia capacita' dei nuovi strumenti con i mezzi a disposizione. In attesa che le nuove tccnologie delle telecomunicazioni aprano la strada all'applicazione dei nuovi principi sui quali si baserà Ia relazione tra individuo come soggetto politico e società, di questi principi si è già appropriata la tecnologia attuale, in modo più o meno congruente con gli ideali di partenza e con risultati piu' o meno discutibili. I principi su cui si baserà la ciberdemocrazia sono sostanzialmente quelli deIl'interattivita dei mezzi di comunicazione di massa e della "interconnectedness", l'accesso al net, che trasforma un semplice computer, un modem e una linca telefonica in una ricetrasmittente in grado di lanciare e captare segnali in ogni angolo del mondo e da milioni di simili terminali. I due concetti di interattivita' e accesso alla rete attendono ancora il proprio compimento totale, ma I'idea che sottintendono è gia' diffusa e accettata nella societa' attuale. La creazione delle autostrade informatiche è solo questione di tempo: vedremo questi principi nella pratica quotidiana della vita di relazione e della cultura politica. Nel frattempo, proprio perchè l'idea di questo nuovo modo di comunicare e' gia' diffusa, è in atto tutta una serie di tentativi di metterla in pratica con le tecnologie esistenti, senza aspettare il domani. Questi principi hanno trovato terreno fertile nella combinazione di due tecnologie vecchie quali Ia radio nella banda AM e il telefono. Perche' Ia radio? Per quanto scontato possa sembrare, per rispondere bisogna fare riferimento alle parole di Marshall McLuhan, secondo il quale: "Le profondita' subliminali della radio sono cariche di echi risuonanti di corni tribali e antichi tam tam. Questa è Ia vera natura di questo medium, con il suo potere di trasformare la psiche e Ia societa' in un'unica cassa di risonanza". E mi sembra che questa definizione si presti molto bene anche a definire la natura del ciberspazio, una dimensione che ciascuno di noi immagina e visualizza come una comunita' siderale, dove messaggi si muovono in un medium simile allo spazio in cui si muovono le onde radio, e che permettono di stabilire contatti con individui che hanno più un sapere telepatico che tecnologico. Che cosa c'è dietro tutto questo? In realtà stiamo osservando come il sogno della democrazia partecipativa, che si sublimava nell'ideale teorico e irraggiungibile della democrazia diretta, si stia reificando con connotati da incubo. Al principlo di maggioranza politica come risultato di mediazione tra forze e compromesso salutare dopo laboriosi processi di analisi per evidenziare le interconnessioni di ciascuna singola decisione con Ia societa' nel suo complesso, si sostituisce Ia velleitarieta' della decisione astratta dal contesto, e senza riflessione sulle sue conseguenze nel tempo e nello spazio politico. È un pò lo stesso fenomeno che si verifica con sondaggi d'opinione, in cui ciascuna issue è presentata isolatamente rispetto alle issue periferiche. Questo formato soddisfa il bisogno di semplificare e riportare a dimensioni facilmente consumabili tematiche di una società complessa in cui le risposte faciIi non sono più possibili. Non stupisce dunque che il talk-show in America risponda alle esigenze dei settori più conservatori, dove alle analisi sofisticate si preferiscono i richiami piu' immediati e le soluzioni semplicistiche. "Chiedete a un liberal Ia ricetta per combattere Ia criminalità, scriveva un giornale, e con ogni probabilita' vi offrirà un programma in dieci o dodici punti, e parlera' di edilizia pubblica programmi di riabilitazione, terapie antialcool e anti-droga. Chiedetelo a un conservatore: idee chiare che non portano via tanto tempo: pena di morte, frustate come a Singapore, castrazione per gli stupratori". Qualsiasi issue viene quindi analizzata in isolamento e prende vita solo in quanto investita da una carica emotiva univoca. Le complessita intrinseche di una societa' avanzata vengono ignorate. I termini del discorso con cui confrontare Ia specifica issue vengono definiti dal conduttore, che come un maestro elementare assegna il tema agli ascoltatori, i quali telefoneranno per leggere il loro componimento. Durante Ia trasmissione i singoli componimenti vengono ricomposti, le elaborazioni difformi dalla traccia ideologica suggerita vengono generalmente scartate. In alcuni casi vengono trasmesse, ma al solo scopo di esporle al pubblico ludibrio. Tutte le altre, timide variazioni sul tema e pedisseque esercitazioni di stretta osservanza ortodossa, vengono confezionate in blocchi compatti e lanciate contro l'avversario di turno. Cosi si crea I'illusione delI'opinione comune di mille voci, mentre in realta' ci si trova di fronte, come in un gioco di specchi, a un articolo unico ripetuto milioni di volte, un articolo che non è il frutto di elaborazione collettiva, non ha sostenuto un contraddittono e non si è formato attraverso una dialettica democratica. Forte del volume assordante di milioni di voci che si affollano nelle linee telefoniche del Congresso e della Casa Bianca, Ia voce si fa opinione e I'opinione atto politico che costringe il legislatore a prendere posizione immediatamente, per tenere il passo con il ritmo frenetico della comunicazione, che si consuma nel giro di pochi minuti e si estende al massimo a qualche giorno. Sembra democrazia diretta, questo canale che collega l'elettore al suo rappresentante, in quanto permette l'accesso a quei soggetti politici a cui era sempre stato negato. Ma è democrazia anonima, senza volto, senza assunzione di responsabilità. E' ovvio che il pericolo, in mancanza di meccanismi che ne limitino I'influenza, sia di arrivare alla "talk-show democracy": l'ondata emotiva suscitata da un determinato avvenimento rischia di tradursi in iniziativa legislativa e in decisione immediata. senza più passare per il filtro della pausa di riflessione, del dibattito, della dialettica delle forze della mediazione. Che questo avvenga proprio oggi, credo dipenda da quel salto concettuale per cui interattivita' (vera o presunta) e accesso hanno aperto le prospettive a un nuovo modello di interpretazione e gestione dei rapporti di forza sul palcoscenico della politica. E' un fenomeno che va studiato seriamente. e alla base del quale c'è un 'esigenza pressante di partecipazione, che i talk-show soddisfano, resa ancora più urgente dalla disponibilita' di tecnologie adeguate. I sistemi democratici aperti hanno Ia necessita' di fornire strumenti di interazione con il demos che stiano al passo con i progressi avvenuti nella sfera delle comunicazioni private. L'abitudine alla gratificazione immediata della comunicazione telefonica, via fax o internet, si trasferisce nel dominio politico e crea l'aspettativa di risposte immediate ai problemi. Questo, a sua volta, pone problemi reali sui quali la societa' sara' chiamata a confrontarsi. Rituali di campagne elettorali, scelta di candidati, elezioni, dibattiti parlamentari, confronti fra diverse ideologie e interessi, e compromessi mediati nelIe stanze del potere ma tutto sommato vissuti all'insegna di una certa ironia, soprattutto nella dimensione post-moderna: Ia prospettiva, alla luce di queste esperienze, e' dunque che i tradizionali metodi della democrazia vengano sostituiti da meccanismi nuovi, incontrollabili, caratterizzati da estrema volubilita', scaturiti dalla sfera emotiva e irrazionale. |